Corte di cassazione: «una nuova convivenza non toglie il diritto all’assegno di mantenimento»

Corte di cassazione: «una nuova convivenza non toglie il diritto all’assegno di mantenimento».

La Corte di cassazione, sezioni unite, è intervenuta sul tema con la sentenza n. 32198 del 6 luglio 2021, depositata il 5 novembre 2021. L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul dritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione in virtù del progetto intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.

Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione della convivenza di fatto stabile tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità dei mezzi adeguati ed impossibilitato a procurarseli per moritivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa. A tal fine il richiedente dovrà fornire la prova de contributo offerto alla comunione familiare; dell’eventuale rinuncia concordata alle occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio e dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. Tale assegno anche temporaneo su accordo delle parti non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge ma deve essere quantificato alla luce dei principi esposti tenuto conto altresì della durata del matrimonio.

La scelta di intraprendere una nuova vita non è irrilevante; con la conseguenza che l’ex coniuge non può pretendere la componente assistenziale dell’assegno, ma a diritto alla compente compensativa.

Le sezioni unite cancellano qualsiasi automatico tra nuova convivenza e perdita dell’assegno in favore del coniuge economicamente più debole e chiariscono che il nuovo percorso di vita intrapreso con una terza persona, che sia accertato giudizialmente, incide sì sul diritto, ma non ne determina necessariamente la perdita integrale. Il coniuge può infatti conservare il diritto nella sua funzione compensativa.

Per mantenere l’assegno egli deve però fornire una serie di prove, ad iniziare dal contributo offerto alla comunione familiare.

Eventuali rinunce, concordate, di occasioni lavorativa e crescita professionale durante il matrimonio nell’interesse della famiglia. Ha un valore anche l’apporto dato alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.

Le sezioni unite della Corte di cassazione prendono così la distanza da un orientamento che sembrava ormai consolidato, almeno in presenza di una convivenza equiparabile al matrimonio.

I giudici di legittimità hanno bilanciato i diversi interessi in gioco; se infatti il colpo di spugna sulla componente assistenziale corrisponde all’esigenza dell’ex coniuge di non vedersi limitato il suo progetto di vita futura dall’obbligo di versare per sempre l’assegno a chi ha formato una nuova convivenza, la sopravvivenza della parte compensativa consente di non cancellare del tutto, in presenza del presupposto de mezzi economici adeguati, il contributo dato dal coniuge più debole alle fortune della famiglia nel corso del matrimonio.


Maria Rita La Lumia - LegalAssociati Verona

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