Responsabilità “amministrativa” degli enti ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001

A seguito della recente introduzione delle disposizioni in esame ci sembra interessante procedere ad una rapida analisi critica dei nuovi rischi “231”, forse ad oggi in parte sottovalutati.

Il D. Lgs. n. 195/2021 è intervenuto sulle fattispecie incriminatrici di ricettazione, riciclaggio, reimpiego ed autoriciclaggio, di cui rispettivamente agli articoli 648 c.p., 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 c.p..

Si tratta di fattispecie già incluse - ai sensi dell’art. 25-octies del D. Lgs. 231/2001 - nel catalogo dei reati dalla cui commissione si può originare, alle condizioni note, la responsabilità “amministrativa” degli enti.

La novità è data dall’ampliamento del perimetro dei reati presupposto rispetto alle fattispecie in oggetto - ovvero di quei reati dai quali possono derivare proventi oggetto di successivo riutilizzo - con conseguente dilatazione del loro ambito di applicabilità.

In particolare, i reati di riciclaggio, reimpiego ed autoriciclaggio ricomprendono oggi quali propri reati presupposto anche i delitti colposi nonché le contravvenzioni, se sanzionate con pena detentiva superiore nel massimo ad un anno o nel minimo a sei mesi; lo stesso dicasi, sul versante contravvenzionale, per il reato di ricettazione.

Va premesso che per “denaro, beni o altre utilità” oggetto delle condotte di riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego si devono intendere non solo i profitti, cioè gli incrementi patrimoniali, ma anche i risparmi di spesa (principio quest’ultimo già reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in materia penal-tributaria in tema di individuazione del profitto: cfr. in tal senso Cassazione penale, sezione II, 5 novembre 2020 n. 30889).

E’ dunque intuibile come le norme di nuova introduzione possano costituire altrettante occasioni di possibile operatività del D. Lgs. n. 231/2001 e delle conseguenti sanzioni ex art. 25-octies citato, sia pecuniarie (da 200 a 800 quote, suscettibili di aumento da 400 a 1000 quote nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni), sia interdittive (per una durata non superiore a due anni).

Tale eventualità pare destinata a concretizzarsi specie nei casi in cui i risparmi di spesa risultino non esigui e tali, anzi, da costituire espressione di una scelta aziendale finalisticamente orientata a privilegiare le esigenze della produzione ovvero del profitto, ciò a scapito di altri prevalenti obiettivi di tutela: in ambito aziendale, tipicamente, quelli riferibili all’igiene ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro ovvero all’ambiente.

Quanto sopra non potrà esimere gli enti ed in particolare le società commerciali dal tempestivo aggiornamento dei propri assetti organizzativi, attraverso una rinnovata mappatura dei rischi “231”, concentrata prevalentemente sulle aree potenzialmente più esposte alla commissione di reati colposi (delitti e contravvenzioni nei limiti edittali stabiliti dalla novella) tali da implicare risparmi di spesa, specie nella forma di indebiti contenimenti degli investimenti per finalità prevenzionali.

Andrea Cianci - LegalAssociati Torino
Agostino De Zordo - LegalAssociati Roma

Indietro