Legittime le imposte addizionali sui prodotti energetici solo se previste per finalità specifiche

La Corte di giustizia dell’Unione europea affronta un tema interessante in materia di accise nella sentenza C-255/20 del 9 novembre 2021. La vertenza posta all’attenzione della Corte ha visto contrapposti l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) ed il gestore di un impianto di distribuzione di carburante per imbarcazioni da diporto. Il tema riguardava la legittimità, sotto il profilo della conformità al diritto dell’Unione europea, dell’imposta regionale sulla benzina istituita dalla Regione Lazio con legge 23 dicembre 2011, n. 19, a decorrere dal 1 gennaio 2012.

Il gestore, cui era stato richiesto da ADM il pagamento dell’imposta per l’anno 2012, usciva vittorioso dal giudizio instaurato davanti alla commissione tributaria competente per territorio. Per effetto di una modifica della legge regionale, intervenuta nel 2016, avrebbe avuto diritto all’esenzione dall’imposta trattandosi di esercizio commerciale situato entro la distanza di 500 metri dal mare.

Nel corso del giudizio di appello instaurato da ADM la commissione regionale aveva posto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale interpretativa, per verificare se l’imposta regionale sulla benzina istituita a suo tempo dalla Regione Lazio con L.R. n. 19/2011 ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 21 dicembre 1990, n. 398, fosse stata istituita rispettando i requisiti previsti dalla direttiva 92/12/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992 relativa al regime generale dei prodotti soggetti ad accisa. Secondo questa direttiva, successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, i prodotti soggetti ad accisa possono formare oggetto di altre imposizioni indirette da parte degli Stati membri purché queste imposte abbiano «finalità specifiche». Per inciso, la direttiva 2008/118/CE è stata a sua volta abrogata e sostituita dalla direttiva 2020/262/UE del 19 dicembre 2019, che entrerà in vigore dal 13 febbraio 2023.
Si trattava quindi di mettere a fuoco la nozione di «finalità specifica»: mancando questa finalità, infatti, l’imposta è illegittima perché contraria alle previsioni della direttiva quadro in materia di prodotti soggetti ad accisa. 

La Corte UE ribadisce la propria precedente giurisprudenza (C-82/12, EU:C:2014:108; C-103/17, EU:C:2018/587), secondo cui costituisce «finalità specifica», ai sensi delle direttive di cui sopra, «una finalità che non sia puramente di bilancio». Per evitare tuttavia che questa affermazione si risolva in una petizione di principio, la Corte opportunamente formula alcuni distinguo. Secondo la Corte, «siccome qualsiasi imposta persegue necessariamente uno scopo di bilancio, la sola circostanza che un’imposta miri a un obiettivo di bilancio non può, di per sé sola, salvo privare» la previsione della direttiva «di qualsivoglia sostanza, essere sufficiente a escludere che l’imposta in parola possa essere considerata dotata» anche di una finalità specifica.

Il gettito dell’imposta, destinato al bilancio dell’ente territoriale, non può essere finalizzato al finanziamento di spese generali: perché all’imposta possa essere riconosciuta la «finalità specifica» che ne legittimi l’istituzione nel quadro delle accise armonizzate è anche necessario che l’imposta miri «a garantire la realizzazione della finalità specifica invocata e quindi che sussista un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la predetta finalità specifica».

In altri termini, la finalità specifica che legittima un’imposizione addizionale sui prodotti oggetto delle direttive in materia di accisa sussiste quando l’imposta è tale da influenzare il comportamento del contribuente, «nel senso di consentire la realizzazione della finalità specifica invocata, ad esempio mediante una forte tassazione dei prodotti di cui trattasi al fine di scoraggiarne il consumo».

Nel caso di specie la commissione regionale tributaria, richiesta espressamente dalla Corte di giustizia di fornire chiarimenti, aveva confermato che l’imposta regionale sulla benzina istituita dalla Regione Lazio perseguiva unicamente finalità di supporto al bilancio dell’Ente.

Non essendo stato possibile individuare una finalità ulteriore che connotasse questa imposizione, la Corte non ha potuto esimersi dal dichiarare, con riferimento alla normativa dell’Unione europea concretamente applicabile ratione temporis al caso di specie, che «l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che istituisce un’imposta regionale sulle vendite di benzina per autotrazione, dal momento che non si può ritenere che tale imposta abbia una “finalità specifica” ai sensi di tale disposizione, il suo gettito essendo inteso solo a contribuire genericamente al bilancio degli enti territoriali».

Conseguentemente il giudice nazionale dovrà disapplicare la norma in questione, in favore del contribuente, essendo essa in contrasto con l’ordinamento dell’Unione europea.

Piero Bellante – LegalAssociati Verona

Estratto da Il Doganalista, Rivista giuridico-economica di commercio internazionale, a cura del Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali, n. 1 – Gennaio-Febbraio, 2022

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